L’abolizione del tributo: inquadramento generale
Il comma 8 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), ha disposto l'esclusione dall’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per imprenditori ed esercenti arti e professioni che svolgono la loro attività in forma individuale, con decorrenza dal 2022.
Comma 8 |
Stante il fatto che nessuna disposizione è stata, invece, introdotta con riferimento alle società e agli enti, detti soggetti continueranno a essere soggetti passivi del tributo secondo le consuete modalità.
La conseguenza è, pertanto, che, a decorrere dal periodo in corso al 1° gennaio 2022, il tributo regionale non sarà più dovuto dalle “persone fisiche” esercenti:
- attività commerciali, ai sensi della lett. b) del comma 1 dell’art. 3 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446;
- arti e professioni, ai sensi della lett. c) del comma 1 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 446/1997.
Con riferimento all’ambito soggettivo, l’Agenzia delle entrate (circolare 18 febbraio 2022, n. 4/E, par. 3) ha chiarito che, in base al combinato disposto di cui al comma 8 dell’art. 1 della legge n. 234/2021 (legge di bilancio 2022) e all’art. 55 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), l’esclusione riguarda le persone fisiche esercenti imprese commerciali, ove per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle seguenti attività, anche se non organizzate in forma d’impresa:
- attività indicate nell’art. 2195 c.c. ovvero le attività industriali dirette alla produzione di beni o di servizi, attività intermediarie nella circolazione dei beni, attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, attività bancaria o assicurativa, altre attività ausiliarie alle precedenti;
- attività agricole eccedentarie, ovvero quelle che superano i limiti indicati nelle lett. b) e c), del comma 2 dell’art. 32 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).
Si evidenzia che, anteriormente alla novella (quindi, fino al 31 dicembre 2021), gli imprenditori e i professionisti non erano soggetti al tributo regionale, se contribuenti in regime forfetario, ai sensi della legge 23 dicembre 2014, n. 190, o in regime di vantaggio, ai sensi del D.L. 6 luglio 2011, n. 98.
Alla stessa stregua, potevano non scontare l’IRAP i contribuenti privi di autonoma organizzazione, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997, in relazione a quanto, di volta in volta, la giurisprudenza di legittimità e di merito avevano sancito.
Con riferimento al regime dei contribuenti minimi, prime versioni, di cui ai commi da 96 a 117 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, l’Agenzia delle entrate (circolare 13 giugno 2008, n. 45/E, par. 5.4.2) aveva precisato che gli Uffici periferici dell'Amministrazione finanziaria potevano considerare non sussistente il presupposto dell'autonoma organizzazione nel caso in cui il lavoratore autonomo fosse in possesso dei relativi requisiti di accesso, a prescindere dalla circostanza che lo stesso si fosse avvalso o meno del relativo regime fiscale.
L’Agenzia delle entrate (circolare n. 45/E del 2008, par. 7) ha affermato che l'esclusione dal tributo regionale non operava nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d'impresa che, pur in possesso dei requisiti per l’applicazione del regime dei contribuenti minimi, non se ne avvalevano.
Gli imprenditori e gli esercenti arti e professioni in forma individuale che si avvalgono del regime fiscale agevolato per autonomi (regime forfetario) assoggettano il reddito conseguito a un'imposta sostitutiva di IRPEF, IRAP e addizionali, pari al 15 per cento (o 5 per cento, se start-up), risultando esclusi dalla debenza dell’IRAP.
La conseguenza, quindi, è che, fino alla fine del 2021, salvi i casi indicati, l'esclusione dalla debenza dell’IRAP delle persone fisiche esercenti attività d'impresa e lavoro autonomo era condizionata esclusivamente da una non ben determinata assenza di un'attività autonomamente organizzata, secondo quanto stabilito, anche di volta in volta, dalla giurisprudenza.
Il requisito dell'autonoma organizzazione risultava rilevante, infatti, con riferimento specifico agli esercenti arti e professioni e ai piccoli imprenditori e, in assenza, le attività di lavoro autonomo e d'impresa, svolte in forma individuale, non rientravano nell'ambito applicativo del tributo; per le società e gli enti, invece, l'art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997 dispone che l'attività esercitata costituisce in ogni caso presupposto d’imposta.
La giurisprudenza, sulla presenza di un'attività autonomamente organizzata, richiedeva che il contribuente fosse, in qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse e che impiegasse beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalesse, in modo sistematico e non occasionale, di lavoro altrui sopra determinate soglie.
Di conseguenza, l'attività abituale e autonoma del contribuente doveva dare luogo a un'organizzazione, dotata di autonomia, destinata a potenziare la capacità produttiva del contribuente.
Per configurare il presupposto oggettivo del tributo, le condizioni dell'impiego di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile e dell'utilizzo del lavoro di terzi non dovevano concorrere, essendo sufficiente anche la presenza di una sola di esse, la quale deve comunque sempre sommarsi alla condizione che il titolare risulti sempre il responsabile dell'organizzazione (Suprema Corte di cassazione, sent. 18 aprile 2007, n. 9214, e Agenzia delle entrate,circolare n. 45/E del 2008, par. 5.4).
Il professionista, l’artista o il piccolo imprenditore non era soggetto al tributo IRAP nel caso in cui avesse operato all'interno di strutture organizzate e gestite da terzi o non si fosse avvalso di lavoro di terzi, fatto salvo l’utilizzo di un solo dipendente o collaboratore con mansioni meramente esecutive e di beni strumentali limitati, come auto, cellulare e personal computer.
Si ricorda, inoltre, che il comma 1-bis, dell'art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997 ha definito l’autonoma organizzazione ai fini IRAP per i medici convenzionati con le strutture ospedaliere, stabilendo che la stessa è assente nel caso in cui il medico abbia sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture ospedaliere per lo svolgimento della professione, nel caso in cui lo stesso percepisca più del 75 per cento del proprio reddito complessivo dall’attività esercitata per le dette strutture, ritenendosi irrilevanti l'ammontare del reddito realizzato e delle spese direttamente connesse all'attività svolta, senza potere superare gli standard e i parametri previsti dalla convenzione con il Servizio sanitario nazionale.
Le imprese familiari
Il primo problema emerso era quello concernente l’impresa familiare, di cui all’art. 230-bis c.c., stante il fatto che la stessa deve configurarsi come ditta individuale e non collettiva; fino al 2021, la giurisprudenza di legittimità ha sempre espresso un orientamento ondivago.
In effetti, l'impresa familiare avrebbe dovuto essere soggetta al tributo soltanto se si avvaleva di un'autonoma organizzazione o tenendo conto della natura dell'attività svolta dai collaboratori (Suprema Corte di cassazione, SS.UU., sent. 10 maggio 2016, n. 9451, e Sez. VI-5, ord. 30 agosto 2016, n. 17429).
Soltanto in date successive, la giurisprudenza di legittimità si è espressa in modo esattamente contrario, ma senza mai definire il perimetro di esclusione e/o inclusione, soprattutto in ordine al requisito fondamentale dell'autonoma organizzazione, ritenendo spesso che la collaborazione dei partecipanti fosse in grado conferire all’impresa individuale un valore aggiunto ulteriore rispetto a quello realizzato dal titolare.
Sul tema, però, l’Agenzia delle entrate si è espressa con una risposta a un preciso quesito, formulato nell’ambito degli incontri con la stampa specializzata (Telefisco 2022).
Il Sole 24Ore - TELEFISCO 2022 - 27 gennaio 2022 24. Imprese familiari D. Si chiede conferma che, dal 2022, per effetto della legge di bilancio, le imprese familiari - anche se con diversi collaboratori familiari e dipendenti - non sono più soggetti passivi IRAP. R. L’articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (d’ora in avanti anche legge di bilancio 2022), prevede che: «A decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, non è dovuta dalle persone fisiche esercenti attività commerciali ed esercenti arti e professioni di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 3 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997». L’articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, individua, con riferimento alle persone fisiche, quelle “esercenti attività commerciali di cui all’articolo 51 del medesimo Testo Unico” (oggi, articolo 55 del TUIR). In base al combinato disposto di cui al comma 8 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2022 e dell’articolo 55 del TUIR, sono escluse dall’ambito soggettivo di applicazione dell’IRAP le persone fisiche esercenti imprese commerciali di cui al comma 1 dell’articolo 55 del TUIR. In considerazione della natura di impresa individuale, l’impresa familiare rientra nell’ambito dei soggetti esclusi da IRAP, a partire dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2022. L’impresa familiare, infatti, come chiarito dalla risoluzione 28 aprile 2008, n. 176/E, “ha natura individuale e non collettiva (associativa); pertanto è imprenditore unicamente il titolare dell’impresa, il quale la esercita assumendo in proprio diritti ed obbligazioni, oltre la piena responsabilità verso i terzi”. In tal senso, anche la risposta all’interpello del 18 marzo 2021, n. 195, in cui l’Agenzia delle entrate, nel richiamare la risoluzione del 10 giugno 2008, n. 233/E, ha chiarito che l’unico soggetto in una impresa familiare, ex articolo 230-bis del codice civile, avente la qualifica di imprenditore è il titolare dell’impresa stessa. |
Il concetto è piuttosto chiaro, poiché l’impresa familiare, di cui all’art. 230-bis c.c., deve ritenersi a tutti gli effetti una ditta individuale e, di conseguenza, destinataria (soggettivamente) dell’esclusione dall’assoggettamento all’IRAP.
Sul tema è intervenuta nuovamente l’Agenzia delle entrate (circolare 18 febbraio 2022, n. 4/E, par. 3), ribadendo con convinzione quanto indicato nella risposta appena enunciata ovvero l’esclusione dall’assoggettamento al tributo, poiché, come chiarito anche in altro datato documento di prassi (risoluzione n. 176/E del 2008), l’impresa familiare “ha natura individuale e non collettiva (associativa): pertanto è imprenditore unicamente il titolare dell’impresa, il quale la esercita assumendo in proprio diritti ed obbligazioni, oltre la piena responsabilità verso terzi”; il concetto, è evidente, è identico e replicato, ma l’Agenzia delle entrate conferma che in tal senso è possibile menzionare anche la risposta a un preciso interpello (n. 195 del 2021) che, nel richiamare un altro documento di prassi (risoluzione n. 233/E del 2008), chiarisce che “l’unico soggetto in un’impresa familiare ex art. 230-bis del codice civile avente la qualifica di imprenditore è il titolare della stessa”.
Le imprese coniugali
Il secondo problema, conseguenziale, riguardava le aziende coniugali che, in prima battuta, erano ritenute assoggettate all’IRAP, nell'ipotesi in cui fossero equiparate alle società di fatto, mentre, negli altri casi, le stesse dovevano essere ritenute escluse dal tributo.
Si ricorda, preliminarmente, che l'azienda coniugale è collocata nella lett. d) del primo comma dell'art. 177 c.c., dove si stabilisce che l'azienda gestita da entrambi i coniugi e costituita dopo il matrimonio è oggetto di comunione legale.
Dalla semplice lettura delle disposizioni, pertanto, si evince che l'azienda costituita dopo il matrimonio è oggetto della comunione e che l’elemento necessario, affinché si concretizzi l'azienda coniugale, è la gestione congiunta della stessa da parte di entrambi i coniugi, poiché nella fattispecie dell'azienda gestita da un solo coniuge, di cui all'art. 178 c.c., i beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi, costituita dopo il matrimonio, e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa (“comunione de residuo”).
In linea di principio, l'orientamento maggioritario ritiene che all'azienda coniugale non si applichi la disciplina prevista per la società di fatto e che debba applicarsi, invece, la normativa in materia di comunione legale.
Sul punto, quindi, l’ulteriore e recente intervento dell’Agenzia delle entrate (circolare n. 4/E del 2022, par. 3) è risultato più che opportuno nel passaggio in cui, rifacendosi alle stesse considerazioni sviluppate per l’impresa familiare, ritiene che “siano escluse dall’ambito soggettivo di applicazione dell’IRAP, a far data dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2022, le aziende coniugali non gestite in forma societaria.”.
In estrema sintesi, l'azienda coniugale costituita dopo il matrimonio e gestita da entrambi i coniugi è assimilata alle società di fatto e, in questo caso, si ritiene che l'azienda coniugale debba restare soggetta a IRAP anche dal 2022.
La prova della presenza della gestione congiunta non è affatto semplice e, in relazione a quanto sancito dalla giurisprudenza di legittimità (Suprema Corte di cassazione, sent. 17 novembre 2010, n. 23170), nel caso in cui i coniugi, successivamente alla riforma del diritto di famiglia, di cui alla legge 19 maggio 1975, n. 151, abbiano optato per la separazione dei beni, al fine di dimostrare che determinati beni erano soggetti al regime della comunione, devono fornire prova dell'esclusione dalla separazione.
Se l'azienda è stata costituita dopo il matrimonio e risulta gestita da uno solo dei coniugi, il reddito dell'azienda deve essere dichiarato dal coniuge-titolare dell'azienda come reddito d’impresa (Redditi PF, quadri RG o RF), mentre l'altro coniuge deve compilare il quadro di partecipazione (Redditi PF, quadro RH), per dichiarare la quota di reddito attribuita.
In tale caso, l'azienda coniugale deve essere inquadrata a tutti gli effetti come impresa individuale e, pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2022, potrà ritenersi esclusa dal tributo IRAP.
Infine, nel caso in cui l'azienda appartenga fin da prima del matrimonio a un solo coniuge e successivamente venga gestita da entrambi i coniugi, il reddito dell’impresa deve essere dichiarato dal coniuge-titolare dell'azienda (Redditi PF, quadri RG o RF), mentre l'altro coniuge deve dichiarare la propria quota di reddito (Redditi PF, quadro RH).
L'azienda coniugale, anche in questa fattispecie, risulta assimilata a un'impresa individuale e, come tale, esclusa dall’assoggettamento all’IRAP dal 1° gennaio 2022.
Gli studi associati e le associazioni professionali
L’Agenzia delle entrate, a conferma di quanto appare già chiaro dalla semplice lettura del comma 8 dell’art. 1 della legge n. 234/2021, con la recentissima circolare (n. 4/E del 2022, par. 3), ha confermato che:
“Il riferimento alle persone fisiche esercenti arti e professioni implica che resti assoggettato all’IRAP, l’esercizio di arti e professioni in forma associata, di cui alla lettera c) del comma 3 dell’articolo 5 del TUIR”.
L’esclusione dall’ambito applicativo dell’IRAP, continua l’Agenzia delle entrate, alle sole persone fisiche, per quanto concerne l’esercizio di arti e professioni, risulta coerente con la “ratio” del legislatore di escludere dall’ambito soggettivo di applicazione del tributo regionale, a partire dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2022, le sole persone fisiche esercenti attività d’impresa.
È evidente, quindi, che il legislatore non ha valutato un’esclusione per entità delle attività esercitate (per esempio, tarando l’esclusione sul fatturato o sul reddito), ma ha scelto quello della configurazione dell’attività (individuale rispetto all’associata o collettiva), innescando anche qualche paradosso, ove l’attività professionale esercitata individualmente realizzi maggiori entità di fatturato e/o reddito.
Si evidenzia, però, che anche la giurisprudenza di legittimità ha da sempre confermato che le associazioni professionali, gli studi associati e le società semplici, esercenti attività di lavoro autonomo, sono sempre soggetti a IRAP, indipendentemente dalla struttura organizzativa della quale si avvalgono per l'esercizio dell'attività (Suprema Corte di cassazione, Sezioni Unite, sent. 14 aprile 2016, n. 7371, e 13 aprile 2016, n. 7291).
Le conclusioni della Cassazione sono basate sul tenore letterale dell'art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997, in base al quale "l'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta", con la conseguenza che si deve prescindere dal requisito dell'autonoma organizzazione.
Quindi, stante il fatto che la lett. c) del comma 1 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 446/1997, istitutivo del tributo, inserisce, tra i soggetti passivi d'imposta, le società semplici esercenti arti e professioni e quelle a esse equiparate, quindi le associazioni professionali e gli studi associati, ne deriva l’assoggettamento al tributo regionale di detti soggetti collettivi.
La giurisprudenza di legittimità ha sostenuto, in linea con l’orientamento prevalente, che l'esercizio in forma associata di una professione liberale non determina automaticamente l'assoggettamento all’imposta, ma resta una circostanza idonea a fare presumere l'esistenza di un'autonoma organizzazione di strutture e mezzi, sebbene senza dipendenti e con beni strumentali di esiguo valore e l'intento di avvalersi della reciproca collaborazione e delle reciproche competenze ovvero della sostituibilità nell'adempimento dell'attività.
Peraltro, sulla necessaria presenza del vincolo associativo, la giurisprudenza di legittimità ha escluso l'applicazione dell'IRAP sulla base della mera esistenza dello studio associato, essendo stato accertato, nel caso oggetto di giudizio, che i singoli professionisti hanno esercitato in modo autonomo e non associato l'attività professionale oggetto dell'eventuale imposizione (Suprema Corte di cassazione, ord. 13 dicembre 2021, n. 39578).
I contribuenti ancora assoggettati al tributo
In base al contenuto delle disposizioni, di cui al citato comma 8 dell’art. 1 della legge n. 234/2021 (legge di bilancio 2022), continueranno a essere assoggettati all’IRAP tutti gli altri soggetti passivi del tributo, non individuati in precedenza (si veda tabella riepilogativa).
Soggetti passivi IRAP |
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Società di capitali, società cooperative, società europee di cui al Reg. CE n. 2157/2001 e società cooperative europee di cui al Reg. CE n. 1435/2003 |
Art. 3, comma 1, lett. a) |
Enti commerciali (ivi inclusi i trust, esercenti in via esclusiva o principale attività commerciali) |
Art. 3, comma 1, lett. a) |
Società in nome collettivo (s.n.c.), società in accomandita semplice (s.a.s.) e società ad esse equiparate (ad esempio, società di armamento e società di fatto) |
Art. 3, comma 1, lett. b) |
Società semplici e associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni (ad esempio, studi associati) |
Art. 3, comma 1, lett. c) |
Enti privati non commerciali (ivi inclusi i trust non esercenti attività commerciali) |
Art. 3, comma 1, lett. e) |
Stabili organizzazioni, basi fisse o uffici di soggetti non residenti |
Art. 3, comma 1, lett. e) |
Amministrazioni Pubbliche, Amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e organi legislativi delle regioni a statuto speciale |
Art. 3, comma 1, lett. e-bis) |
Gli ultimi adempimenti
L'esclusione delle attività d'impresa e lavoro autonomo esercitate da persone fisiche dall’assoggettamento al tributo regionale potrebbe indurre soci e associati di società o di studi associati a proseguire l'attività individualmente e, quindi, sul punto si rende necessaria una valutazione complessiva, quindi anche di natura economica, dell’impatto della novità in commento.
Per quanto non più sottoposte all’IRAP a decorrere dal 1° gennaio 2022, le persone fisiche esercenti attività d'impresa e arti e professioni dovranno ancora, con riferimento all’ultimo anno di assoggettamento (2021) procedere con:
- la presentazione della dichiarazione IRAP 2022 (periodo d’imposta 2021), entro il 30 novembre 2022;
- il versamento del saldo IRAP (2021), entro il 30 giugno 2022 (o entro il 22 agosto 2022, con aggravio della maggiorazione, pari allo 0,4 per cento).
Gli stessi soggetti, invece, non dovranno più versare gli acconti IRAP relativi al periodo d’imposta 2022, non essendo più soggetti passivi del tributo in tale anno, ma essendo stati soggetti passivi per l'ultima volta nel 2021.
La modifica normativa non riveste una valenza interpretativa e, quindi, non determina l'estinzione degli eventuali contenziosi in corso, anche se può rappresentare un elemento ulteriore e aggiuntivo di valutazione da sottoporre al giudice.
Infine, è opportuno evidenziare che l’Agenzia delle entrate (circolare n. 4/E del 2022, par. 3) ha confermato che l’esclusione dall’ambito soggettivo dell’IRAP dei soggetti indicati in precedenza determina, a partire dal 2022, la decadenza degli obblighi documentali, contabili e dichiarativi funzionali alla determinazione e all’assolvimento del tributo.
Diversamente, permangono, invece, tutti gli obblighi documentali, contabili, dichiarativi e di versamento dell’imposta, in acconto e a saldo, relativi ai periodi d’imposta precedenti al 2022.
Con riferimento al periodo d’imposta 2021, resta dovuto il versamento del saldo IRAP e l’obbligo di presentazione della dichiarazione IRAP 2022, per il detto periodo d’imposta.
Riferimenti normativi:
- Legge 30 dicembre 2021, n. 234, art. 1, comma 8;
- D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2 e 3, comma 1, lett. b) e c);
- Agenzia delle entrate, circolare 18 febbraio 2022, n. 4/E, par. 3;
- Agenzia delle entrate, risposta 18 marzo 2021, n. 195;
- Agenzia delle entrate, circolare 13 giugno 2008, n. 45/E;
- Agenzia delle entrate, risoluzione 10 giugno 2008, n. 233/E;
- Agenzia delle entrate, risoluzione 28 aprile 2008, n. 176/E