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La responsabilità fiscale nell’ambito del superbonus del 110%

di Francesco Barone | 31 Luglio 2020
La responsabilità fiscale nell’ambito del superbonus del 110%

Il superbonus del 110% è stato salutato con favore da tutte le imprese che lavorano nell’ambito dell’edilizia. Sicuramente è un intervento importante per la ripresa economica del Paese messo in difficoltà per effetto dell’emergenza epidemiologica Covid-19. Tuttavia, al fine di evitare brutte sorprese sia per i soggetti che hanno diritto alla fruizione dell’agevolazione, sia per coloro che hanno interesse a ricevere il credito d’imposta ancorato alla detrazione, appare opportuno focalizzare l’attenzione sulla responsabilità fiscale che si può manifestare a seguito dell’attuazione dell’operazione, specie dopo l’emanazione della guida operativa dell'Agenzia delle Entrate.

Premessa

È ormai noto che l’art. 119 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazione, dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77, ha introdotto una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici) sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. La detrazione è prevista inoltre per l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica nonché di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.

Il termine per fruire dell’agevolazione fiscale di riqualificazione energetica è stato esteso fino al 30 giugno 2022, per gli interventi effettuati dagli istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati.

Tali misure si applicano esclusivamente agli interventi effettuati dai condomìni, dalle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa, dagli enti del Terzo Settore, nonché dalle associazioni e dalle società sportive dilettantistiche per determinate tipologie di intervento.

Per le persone fisiche le agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici si applicano per gli interventi realizzati su un numero massimo di due unità immobiliari.

Le norme non si applicano alle unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali A 1, A8 e A9 (abitazioni di tipo signorile, ville e castelli ovvero palazzi di eminenti pregi artistici o storici) e la detrazione è concessa a condizione che la regolarità degli interventi sia asseverata da professionisti abilitati, che devono anche attestare la congruità delle spese sostenute con gli interventi agevolati.

Riepilogata, in estrema sintesi, la normativa sull’agevolazione, sembra opportuno concentrare l’attenzione sulla cessione del bonus e sulla conseguente responsabilità del soggetto su cui matura e su colui che riceve detta agevolazione a seguito di cessione. Il tutto chiaramente tenendo conto della guida emanata dall’Agenzia delle Entrate.

La cessione

Ai sensi dell’art. 121 del Decreto “Rilancio” (D.L. n. 34/2020) i soggetti che sostengono spese per gli interventi di cui sopra, possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

  1. per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, di importo massimo non superiore al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore di beni e servizi relativi agli interventi agevolati. Il fornitore recupera il contributo anticipato sotto forma di credito d’imposta di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successive cessioni di tale credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;
  2. per la cessione di un credito d’imposta corrispondente alla detrazione spettante, ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con facoltà di successive cessioni.

La cessione può essere disposta in favore:

  • dei fornitori dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione degli interventi;
  • di altri soggetti (persone fisiche, anche esercenti attività di lavoro autonomo o d’impresa, società ed enti);
  • di istituti di credito e intermediari finanziari.

Le modalità di esercizio dell’opzione, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi degli intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, saranno definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

I controlli

La guida dell’Agenzia delle Entrate, precisa che, ai fini del controllo, si applicano, nei confronti dei soggetti che esercitano l’opzione per lo sconto o per la cessione, le attribuzioni e i poteri previsti dagli artt. 31 e ss. del D.P.R. n. 600/1973.

I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto.

L’Agenzia delle Entrate nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione nei termini di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e all’art. 27, commi da 16 a 20, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2.

Qualora sia accertata la mancata integrazione, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, l’Agenzia delle Entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del soggetto che ha esercitato l’opzione, maggiorato degli interessi di cui all’art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e delle sanzioni di cui all’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.

Nella pratica, succede che l’Amministrazione finanziaria procede alla verifica documentale della sussistenza del diritto all’agevolazione entro 5 anni (sub art. 43), ma l’espresso richiamo all’art. 27, commi da 16 a 20, sopra citato, porta a sostenere che l’atto di recupero della detrazione potrà essere notificato al soggetto che ha maturato la detrazione (attenzione: non in capo al cessionario), a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo. Il tutto maggiorato degli interessi del 4%, oltre alla sanzione che dovrebbe essere applicata nella misura del 30%.

Forse sembra opportuno mettere ordine nel richiamare le disposizioni, magari uniformando i termini di verifica della documentazione con quelli di notifica dell’atto di recupero della detrazione.

La responsabilità fiscale

Tanto precisato, con riguardo all’aspetto sanzionatorio nell’ambito della cessione del credito d’imposta parametrato alla detrazione, la situazione si prospetta nel modo seguente:

  1. in capo al soggetto su cui matura la detrazione, sarà effettuato il controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate al fine di stabilire la regolarità dell’operazione. In caso di irregolarità l’Agenzia provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante;
  2. in capo al cessionario, l’applicazione delle sanzioni sarà effettuata solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto.

Ci si chiede se l’eventuale rettifica della detrazione e, quindi, del credito d’imposta in capo al cedente, influenza anche l’utilizzo del credito d’imposta operato dal cessionario.

Nei fatti, nel caso in cui venga ceduto un credito d’imposta pari a euro 1.000,00, poi rettificato dall’Ufficio nella misura di euro 800,00, l’importo di euro 200,00 sarà recuperato solo in capo al cedente o, in concorso, anche in capo al cessionario?

Ciò che mette in allerta gli operatori, è il comma 6 dell’art. 121 del D.L. n. 34/2020, laddove è disposto che:

“Il recupero dell’importo di cui al comma 5 è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario di cui al comma 1, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all’applicazione dell’articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi.”

Il dato letterale di questa disposizione, porta alla conclusione che il soggetto che riceve il credito d’imposta è responsabile in solido con il cedente del recupero della detrazione/credito d’imposta effettuato dall’Ufficio.

Se così stanno le cose, riprendendo l’esempio, l’atto di recupero dell’importo di euro 200,00, oltre sanzioni ed interessi, sarà notificato anche al cessionario per concorso nella violazione fiscale.

Tuttavia, si è del parere che occorre dimostrare la sussistenza del concorso nella violazione delle norme tributarie in esame.

Sul punto, l’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998, ha precisato che per la configurazione di ipotesi di concorso nella violazione di disposizioni fiscali, sono richiesti la contemporanea sussistenza di quattro elementi, ossia:

  1. una pluralità di soggetti agenti;
  2. la realizzazione di una fattispecie illecita;
  3. il contributo di ciascun concorrente alla realizzazione dell’illecito;
  4. l’elemento soggettivo.

Quanto al primo punto, configurandosi sempre ipotesi di concorso eventuale, dovrà valutarsi con particolare attenzione il contributo fornito da ciascun concorrente nella realizzazione dell’illecito.

In ordine alla realizzazione di una fattispecie illecita, va ricordato che deve essere compiutamente realizzata, poiché non esiste l’istituto della violazione amministrativa tentata.

Relativamente all’apporto causale del concorrente, l’Amministrazione finanziaria chiarisce che esso potrà configurarsi con maggiore frequenza nella forma della partecipazione psichica, soprattutto mediante suggerimenti o consigli, che in quella dell’apporto materiale, astrattamente ipotizzabile in casi numericamente residuali (quali, ad esempio, l’emissione di documentazione fiscale irregolare per consentire la formazione di una dichiarazione infedele). Ciò che va adeguatamente accertato riguardo questo elemento, è la concreta capacità di favorire la violazione della norma tributaria.

Per quanto attiene all’elemento soggettivo, è da ritenere che sussista ad essa un implicito riferimento, desumibile dall’art. 11, comma 5, del D. Lgs. n. 472/1997, il quale presuppone l’irrogazione di sanzioni diverse anche per violazioni commesse con colpa lieve. Tenendo conto, tuttavia, che la cooperazione colposa è prospettabile in rare ipotesi, sarà assai difficile individuare in concreto fattispecie nelle quali possa venire in considerazione.

Ricorrendo gli elementi sopra illustrati, si è in presenza di una violazione commessa in concorso da più persone, per effetto della quale ciascun coautore dell’illecito è soggetto ad una sanzione.

Infine, circa la responsabilità solidale, il richiamato art. 121, individua nel fornitore che ha applicato lo sconto e nei cessionari che hanno ricevuto il credito d’imposta, i soggetti obbligati con il soggetto che può fruire dell’agevolazione, al pagamento dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante e ai relativi interessi.

In ogni caso, nel momento in cui vige detta responsabilità, va ricordato che la seconda parte dell’art. 9 del D.Lgs. n. 472/1979, richiamato dall’art. 121, dispone che “quando la violazione consiste nell’omissione di un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti, è irrogata una sola sanzione e il pagamento eseguito da uno dei responsabili libera tutti gli altri, salvo il diritto di regresso”.

Da ultimo, piace osservare che le disposizioni esaminate in tema di responsabilità solidale, potrebbero minare la “riuscita” dell’agevolazione. Infatti, difficilmente un istituto di credito vorrà ritenersi responsabile in solido per effetto di una rettifica tributaria eseguita in capo al cedente il credito d’imposta.

Riferimenti normativi:

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