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Forfetari e i dubbi sull’aliquota 5%

di Sandra Pennacini | 7 Marzo 2023
Forfetari e i dubbi sull’aliquota 5%

L’art. 1, comma 65, della Legge n. 190/2014, in materia di regime forfetario, prevede che “al fine di favorire l’avvio di nuove attività, per il periodo di imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi” l’aliquota dell’imposta sostitutiva sia pari al 5%, in luogo dell’ordinaria aliquota del 15%. I casi di applicabilità di tale aliquota “ultraridotta” sono in gran parte delineati dalla norma, tuttavia permangono casi irrisolti.

Premessa

Il regime forfetario ha subito numerose modifiche nel tempo. Da ultimo, ad opera della Legge di Bilancio 2023, Legge 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, comma 54, è stata operata l’ennesima variazione all’art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014 in ordine alla soglia di ricavi o compensi conseguiti nell’anno precedente ai fini dell’accesso o del mantenimento del regime agevolato. Come noto, tale soglia è stata incrementata da 65.000 ad 85.000 euro (tenuto conto del ragguaglio ad anno) e, in ragione di tale modifica, una platea ulteriormente aumentata di contribuenti ha potuto accedere al regime forfetario nel 2023. Pertanto, può presentarsi anche la casistica del contribuente costretto in precedenza ad abbandonare il regime agevolato in ragione dei ricavi conseguiti, ma che riveste le caratteristiche per rientrare in esso nel 2023. Sul punto numerosi dubbi sorgono sulla possibilità di poter applicare, in tale circostanza, l’aliquota agevolata del 5%, laddove tale rientro avvenga nell’ambito temporale del primo quinquennio di attività.

La normativa

Al fine di inquadrare la questione giova richiamare il dettato dell’art. 1, comma 65, della Legge n. 190/2014, che recita:

Al fine di favorire l’avvio di nuove attività, per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi, l’aliquota di cui al comma 64 è stabilita nella misura del 5 per cento, a condizione che:
a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività in regime forfetario attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;
b) l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
c) qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore al limite di cui al comma 54”.

Da un lato, quindi, abbiamo una serie di preclusioni certe all’applicazione del 5%, ovvero il caso della prosecuzione dell’attività di un precedente soggetto i cui ricavi o compensi superassero le soglie, o il caso dell’esercizio, nei tre anni precedenti, di attività di impresa, anche in forma associata o familiare.

Dall’altro lato, resta indefinito il caso in cui tale aliquota venga applicata, seppure nel quinquennio, in presenza di fuoriuscita dal regime forfetario, posto che in tal caso ci si trova, di fatto, a proseguire in un’attività precedentemente esercitata sotto forma di lavoro autonomo, al di fuori del regime agevolato.

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate nel tempo

Con riferimento al dettato del comma 65 sovra richiamato, nel tempo l’Agenzia delle Entrate ha fornito una serie di chiarimenti.

Con la Risposta ad interpello n. 161 del 29 maggio 2020, era stato precisato che ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata 5% è necessario che l’attività svolta non costituisca in alcun modo prosecuzione di quella in precedenza esercitata, anche in forma di lavoro dipendente. Ciò indipendentemente dal fatto che il committente fosse soggetto riconducibile o meno al precedente datore di lavoro. Nessuna eccezione nel caso in cui il rapporto di lavoro sia cessato (per licenziamento, dimissioni, pensionamento). Pertanto, se l’attività svolta in forma autonoma rappresenta una prosecuzione di quella svolta in qualità di dipendente (pubblico o privato) si rende sempre applicabile l’aliquota ordinaria del 15%, e non quella agevolata del 5%.

Con la Risposta ad interpello n. 197 del 20 aprile 2022, invece era stato rappresentato il caso del contribuente che operava in forma autonoma all’estero e che, volendosi trasferire in Italia, chiedeva lumi sulla possibilità di adottare il regime forfetario ad aliquota agevolata 5%.

Più precisamente, l’istante dichiarava "di essere residente da più di tre anni nel Paese Estero – ove svolge l’attività professionale di ... mediante utilizzo di partita IVA estera – e di voler trasferire la propria residenza in Italia, per ivi continuare l’esercizio della precedente attività a servizio dei medesimi clienti esteri (con contestuale chiusura della posizione IVA all’estero), optando per il regime forfetario".

Sul punto l’Agenzia aveva espresso il seguente parere:

Come chiarito dalla circolare n. 8/E del 26 gennaio 2001 – in relazione al regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo, di cui all’articolo 13 della legge n. 388 del 2000, che prevedeva, tra l’altro, condizioni di esclusione sovrapponibili a quelle sopracitate – «Il regime agevolativo è... destinato ad incentivare esclusivamente la nascita di nuove iniziative». Non può, dunque, essere assimilata ad una «nuova iniziativa» l’ipotesi in cui l’attività che mantiene le medesime caratteristiche sia svolta in Italia, a seguito del trasferimento effettivo della residenza da un Paese estero”.

In sintesi, ai fini della possibilità di applicare l’aliquota agevolata 5% l’attività esercitata deve avere carattere innovativo rispetto a quella esercitata in precedenza, anche se all’estero.

È comunque rilevabile il fatto che nel negare l’aliquota agevolata al 5% l’Agenzia delle Entrate abbia fatto riferimento alla sussistenza della precedente attività esercitata all’estero, senza nulla osservare o approfondire in ordine al fatto che tale attività era esercitata solo da tre anni. Ciò potrebbe essere letto come preclusione all’aliquota del 5% nel caso in cui in precedenza si sia svolta un’altra attività che non rientra nel regime forfetario.

La problematica del rientro nel regime forfetario

Veniamo quindi al punto, ovvero al caso in cui un contribuente abbia, in ipotesi, avviato un’attività nel 2020 in regime forfetario, per la quale erano rispettate tutte le caratteristiche per l’applicazione dell’aliquota ultraridotta del 5%, e che poi, a seguito del superamento delle soglie di ricavo/compenso, sia fuoriuscito dal regime, per poi rientrare nello stesso nel 2023. In questo caso, per il 2023 e per il 2024, è legittimamente applicabile tassare il reddito conseguito al 5%?

Una risposta definitiva sul punto, purtroppo, non è mai stata fornita da parte dell’Agenzia delle Entrate e la formulazione della norma non porta ad una conclusione univoca.

L’incipit del comma 65, recita: “Al fine di favorire l’avvio di nuove attività, per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi”.

Che ciò significhi con certezza che il beneficio del 5% sia fruibile (nel rispetto delle condizioni previste) sempre per tutto il quinquennio, indipendentemente dal fatto che un soggetto abbia nel frattempo mutato regime contabile oppure, addirittura, abbia cessato la propria posizione per poi riaprirne una avente il medesimo ATECO sempre nel quinquennio, non è pacifico, tant’è che le opinioni sul punto sono sempre molto divergenti. Tanto più che l’agevolazione pare tesa ad avviare nuove attività, e ciò stride con la circostanza che l’attività avviata fosse talmente florida da comportare l’esclusione dal regime agevolato per superamento della soglia di ricavi o compensi.

Vi è tuttavia da evidenziare che, con la ormai lontana nel tempo circolare 10/E del 4 aprile 2016, l’Agenzia delle Entrate aveva esposto le seguenti considerazioni:

“Tenuto conto delle significative modifiche apportate al regime forfetario dalla Legge di stabilità per il 2016, i soggetti che nel 2015 hanno optato per il regime ordinario possono, dal 1° gennaio 2016, revocare la scelta effettuata e accedere al regime forfetario… Nel caso ne sussistano i presupposti, i medesimi soggetti applicano le disposizioni di cui al comma 65, previste per le nuove attività economiche, per il periodo che residua al compimento del quinquennio dall’inizio dell’attività (articolo 1, comma 113 della legge di stabilità per il 2016). La possibilità di accesso al regime forfetario è ammessa anche per coloro che nel 2014, in presenza dei requisiti di accesso al regime di vantaggio, hanno optato per il regime ordinario di determinazione del reddito e dell’IVA. In tal caso possono revocare l’opzione effettuata e applicare, dal 2016, il regime forfetario con l’ulteriore agevolazione prevista dal comma 65 (applicazione dell’imposta sostitutiva nella misura del 5 per cento), fino alla fine del quinquennio agevolato, ossia fino al 2018”.

Tale circolare, in sostanza, aveva aperto alla possibilità che una precedente opzione per il regime ordinario IVA, non inficiasse la possibilità di abbracciare il forfettario, addirittura ad aliquota 5%. Tuttavia, si badi bene, quanto sopra con espresso riferimento alle sostanziali modifiche apportate al regime ad opera della Legge di stabilità 2016.

Di conseguenza, non è assolutamente pacifico che, quanto sopra, possa continuare a valere per il passaggio nel 2023 per quanto, effettivamente, la modifica operata in ordine alla soglia dei ricavi o compensi è tutt’altro che di poco conto.

Resta comunque il dubbio in ordine alle possibili conseguenze della mancata applicazione dell’aliquota 5% sin dall’inizio del quinquennio e senza soluzione di continuità. Per tale ragione, in assenza di indicazioni ufficiali, a parere di chi scrive è d’obbligo assumere un comportamento prudenziale o proporre istanza di interpello in merito al caso specifico che si sta esaminando, al fine di sgombrare il campo da ogni residuo dubbio.

Riferimenti normativi: 

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